Dal 23 Aprile 2022 apre al pubblico la Biennale di Venezia alla sua 59esima edizione dopo anni di stop e rinvii per covid. Fino al 27 novembre sarà possibile immergersi nel ‘Latte dei sogni’ in un’edizione molto femminile, a partire dalla sua curatrice, Cecilia Alemani, prima donna italiana a rivestire questo ruolo. “Mi riprometto di dare voce ad artisti e artiste per realizzare progetti unici che riflettano le loro visioni e la nostra società”, dice la curatrice della mostra.

Il latte dei sogni prende il titolo da un libro per bambini di Leonora Carrington in cui l’artista surrealista racconta storie oniriche di creature ibride e mutanti in grado di terrorizzare grandi e piccini. La mostra raccoglie le opere di 213 artiste e artisti provenienti da 58 paesi e “si concentra attorno a tre aree tematiche che si intrecciano attraverso il Padiglione centrale e l’Arsenale: la rappresentazione dei corpi e le loro metamorfosi, la relazione tra gli individui e le tecnologie, la connessione tra i corpi e la terra” spiega la curatrice.
“Ci si aspetta una mostra di ripartenza” questo l’auspicio del Ministro della Cultura Dario Franceschini. Ma vediamo cosa ci riservano i Padiglioni più ‘attesi’ della Mostra, già privata del Padiglione Russo chiuso per la guerra e con annesso schieramento di Polizia e pure di quello Ceco e Slovacco, chiuso per ristrutturazione; I ‘magnifici quattro’ ovvero Francia, Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti ci offrono visioni a dir poco sorprendenti;

Sonya Boyce nel padiglione della Gran Bretagna ci accoglie con una videoinstallazione di cinque voci femminili, una per ogni schermo, che si fondono insieme in un unico suono, quasi un grido su sfondo geometrico di wallpaper e sculture geometriche argentate di stile molto glam
La Germania con Maria Eichhorn è un padiglione a dir poco minimale, (l’idea richiama anche quella che ha ispirato Ignasi Aballi nel padiglione spagnolo), dove l’artista interviene direttamente sui muri del padiglione, scrostandoli e mostrando cosa c’è sotto.
Zineb Sedira ci porta nei suoi ambienti ricostruiti dei vari generi cinematografici nel padiglione Francia: un’esperienza immersiva interessante e di grande effetto. Il padiglione degli Stati Uniti ci stupisce (come sempre) con Sovereignity, opera di Simone Leigh e si conferma come uno dei padiglioni più interessanti con le sue monumentali sculture di bronzo e ceramica che rappresentano il corpo femminile in un contesto di eterna diaspora afroamericana: da vedere così come quello del Belgio e della Svizzera, con opere delicate ed evocative, di grande spessore artistico. La mostra prosegue all’Arsenale e alle Tese delle Vergini. Ricco come sempre il programma di eventi collaterali disseminati a Cannaregio, Castella, Dorsoduro, piazza San Marco. Una biennale di profondo impatto che di sicuro non lascerà indifferenti i visitatori che rischieranno di interrogarsi non poco sul senso di certe opere o installazioni, ma che proprio in tal modo raggiunge lo scopo di ricerca introspettiva e oltre il senso comune di dare delle risposte che non sono né scontate né semplici da trovare. Mai come nel nostro contesto storico l’arte ci aiuta a sopravvivere e forse è proprio vero che “salverà il mondo”: un mondo incerto, tra mutamenti climatici, pandemia, sviluppo tecnologico, dove l’individuo è al massimo della consapevolezza della sua fragilità. L’arte non si ferma e cerca di dare a suo modo una speranza e comunque delle risposte. Vedremo chi vincerà il Leone d’Oro per la migliore partecipazione nazionale. Si parla di Germania e Inghilterra, ma anche dell’Italia. Stiamo a vedere… e non perdiamo questo bellissimo evento che potremo visitare fino al 27 novembre.
Foto credit: La Biennale di Venezia